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𝘼𝙜𝙞𝙣𝙜 𝙨𝙚𝙘𝙤𝙣𝙙𝙖 𝙥𝙪𝙣𝙩𝙖𝙩𝙖 – 𝘾𝙊𝙈𝙀 𝙎𝙊𝙋𝙍𝘼𝙑𝙑𝙄𝙑𝙀𝙍𝙀 𝘼𝘿 𝙐𝙉❜𝘼𝙋𝙊𝘾𝘼𝙇𝙄𝙎𝙎𝙀 (𝘿𝙄 𝘾𝙀𝙇𝙇𝙐𝙇𝙀) 𝙕𝙊𝙈𝘽𝙄𝙀 𝙈𝘼𝙉𝙂𝙄𝘼𝙉𝘿𝙊 𝙁𝙍𝘼𝙂𝙊𝙇𝙀

  • elisacolombonutriz
  • 2 dic 2024
  • Tempo di lettura: 6 min

Proseguiamo l’approfondimento sull'𝘢𝘨𝘪𝘯𝘨 esplorando la relazione tra dieta e longevità. L’ultima volta (se non hai letto il post, recuperalo!) abbiamo parlato di epigenetica ed 𝘩𝘦𝘢𝘭𝘵𝘩𝘺 𝘢𝘨𝘪𝘯𝘨, arrivando a capire che lo stile di vita e, quindi, anche le scelte alimentari che facciamo possono contribuire in maniera significativa allo sviluppo o alla prevenzione di malattie tipiche dell’età avanzata, agendo anche tramite la programmazione epigenetica della risposta infiammatoria.


Ma la funzione immunitaria è davvero così importante nell’età d’argento? In fondo, ad una certa età molte delle malattie che si potrebbero contrarre durante la vita, e mi riferisco a quelle infettive, sono già state affrontate e (se ne stiamo parlando ora) anche superate e sappiamo che il nostro sistema immunitario conserva una memoria immunitaria per rispondere prontamente ad un secondo contatto con agenti infettivi. Ecco: a quanto pare, il sistema immunitario delle persone oltre i 65 anni sembra talmente concentrato sul difendersi da patogeni già incontrati, tramite la memoria immunologica adattativa, che rischia di essere ben poco efficiente nel gestire nuovi stimoli infettivi. Questa caratteristica, l’accumulo di linfociti di memoria e la riduzione della scorta di nuove cellule immunitarie, assieme al già menzionato 𝘪𝘯𝘧𝘭𝘢𝘮𝘮𝘢𝘨𝘪𝘯𝘨, è alla base dell’𝗶𝗺𝗺𝘂𝗻𝗼𝘀𝗲𝗻𝗲𝘀𝗰𝗲𝗻𝘇𝗮.


L’immunosenescenza, un termine coniato dal padre della teoria immunologica dell’invecchiamento Roy Walford nel 1969, rappresenta il declino della funziona immunitaria che si osserva durante l’invecchiamento e che determina una maggiore suscettibilità alle infezioni ma anche a malattie croniche non trasmissibili, come il cancro e le malattie autoimmuni. Ora, forse ti ricorderai che la volta scorsa abbiamo definito l’invecchiamento del sistema immunitario come l’orologio che segna la nostra età biologica. Immaginiamolo così: se il nostro organismo fosse un cesto di mele, avere un sistema immunitario senescente sarebbe come avere una mela marcia nel cesto. E cosa succede alle altre mele? E’ quello che si sono chiesti alcuni ricercatori dell’Università del Minnesota: con la loro ricerca scientifica hanno dimostrato che l’immunosenescenza è un fattore sufficiente per indurre l’invecchiamento a livello di organismo, come se le cellule immunitarie “invecchiate” del topo modello di questo studio potessero “contagiare” le cellule di organi come fegato, reni e muscoli.


ℙ𝕚𝕦̀ 𝕔𝕙𝕖 𝕦𝕟𝕠 𝕤𝕡𝕣𝕖𝕔𝕠 𝕕𝕚 𝕞𝕖𝕝𝕖, 𝕒 𝕞𝕖 𝕤𝕖𝕞𝕓𝕣𝕒 𝕦𝕟’𝕒𝕡𝕠𝕔𝕒𝕝𝕚𝕤𝕤𝕖 𝕫𝕠𝕞𝕓𝕚𝕖 𝕤𝕥𝕚𝕝𝕖 ℝ𝕠𝕞𝕖𝕣𝕠❕


E’ così infatti che possiamo considerare le cellule senescenti dell’organismo, come cellule bloccate in una fase di vita non funzionale ma non per questo inattiva dal punto di vista metabolico: le cellule zombie non sono più in grado di dividersi ma sono iperattive e, restando in vita, possono diffondere la senescenza tramite la produzione di “agenti di contagio” come citochine proinfiammatorie, fattori di crescita, radicali liberi e tramite contatti diretti cellula-cellula. Questo fenomeno, che possiamo chiamare senescenza secondaria, permette la diffusione del fenotipo senescente tra le cellule dell’organismo. E chi dovrebbe far fuori queste cellule zombie? Ovviamente il nostro sistema immunitario, che è in grado di captare i segnali delle cellule senescenti per individuarle e distruggerle, permettendone il rinnovamento. Una funzione immunitaria poco efficiente nell’eliminare le cellule zombie, come nell’età avanzata, ne permetterà l’accumulo fino a 20 volte più che in individui giovani (come osservato nei topi).


Ma l’alimentazione può far marcire la mela nel cesto? La ricerca scientifica ci offre qualche risposta. Un pattern dietetico come la dieta occidentale può agire sulla senescenza immunitaria, e lo fa proprio a livello epigenetico. Topi ad alto rischio di aterosclerosi sono stati sottoposti ad una dieta paragonabile a quella occidentale (ad alto contenuto di grassi saturi, sale e zuccheri semplici ed eccessivamente calorica). In seguito al trattamento, i topi hanno sviluppato risposte infiammatorie a livello sistemico; sappiamo già che gli effetti di uno stile alimentare errato sul sistema immunitario possono portare allo sviluppo di malattie infiammatorie croniche. Ma i ricercatori hanno dimostrato che la dieta occidentale ha causato a lungo termine risposte infiammatorie più potenti verso uno stimolo immunitario anche 𝗱𝗼𝗽𝗼 aver modificato la dieta. Cosa significa? Che stimoli “sterili” come una scorretta alimentazione possono alterare e disturbare le risposte immunitarie verso stimoli infettivi, tramite meccanismi epigenetici che inducono una “memoria” dell’infiammazione. In poche parole, 𝕚𝕝 𝕤𝕚𝕤𝕥𝕖𝕞𝕒 𝕚𝕞𝕞𝕦𝕟𝕚𝕥𝕒𝕣𝕚𝕠 𝕚𝕟𝕟𝕒𝕥𝕠 𝕖̀ 𝕚𝕟 𝕘𝕣𝕒𝕕𝕠 𝕕𝕚 𝕣𝕚𝕔𝕠𝕣𝕕𝕒𝕣𝕖 𝕤𝕖 𝕝𝕒 𝕥𝕦𝕒 𝕒𝕝𝕚𝕞𝕖𝕟𝕥𝕒𝕫𝕚𝕠𝕟𝕖 𝕖̀ 𝕤𝕥𝕒𝕥𝕒, 𝕚𝕟 𝕡𝕣𝕖𝕔𝕖𝕕𝕖𝕟𝕫𝕒, 𝕕𝕚 𝕔𝕒𝕥𝕥𝕚𝕧𝕒 𝕢𝕦𝕒𝕝𝕚𝕥𝕒̀ 𝕖 𝕒𝕕𝕖𝕘𝕦𝕖𝕣𝕒̀ 𝕝𝕖 𝕤𝕦𝕖 𝕣𝕚𝕤𝕡𝕠𝕤𝕥𝕖 𝕢𝕦𝕒𝕟𝕕𝕠 𝕤𝕥𝕚𝕞𝕠𝕝𝕒𝕥𝕠.

 

Se una cattiva alimentazione può essere un cattivo insegnante per il nostro sistema immunitario, forse è vero anche il contrario. Un piccolo studio del 2016, 𝘴𝘱𝘪𝘯-𝘰𝘧𝘧 di un più noto studio clinico multicentrico a grande scala, il PREDIMED, ha mostrato che l’aderenza alla dieta Mediterranea è associata ad una diversa firma epigenetica su geni coinvolti nell’infiammazione e nell’immunocompetenza. Un diverso studio condotto tra Italia e Polonia mostra che un anno di dieta Mediterranea è in grado di ringiovanire l’età biologica (epigenetica) di 120 individui. In accordo con questi risultati, un intervento controllato di 8 settimane che ha introdotto una dieta ad alto contenuto di molecole attive a livello epigenetico (folato, betaina, polifenoli) assieme ad un programma di attività fisica, sonno e rilassamento, ha mostrato un guadagno medio di 1,96 anni nell’età biologica di un gruppo di individui tra i 50 e i 72 anni.


Tuttavia, l’invecchiamento è un processo multifattoriale e la traiettoria di 𝘢𝘨𝘪𝘯𝘨 non risponde solo agli effetti epigenetici del nostro stile di vita. Tra i fattori dietetici che possono influenzare la longevità, è molto studiata anche la disregolazione dei “sensori nutrizionali” (il 𝘯𝘶𝘵𝘳𝘪𝘦𝘯𝘵-𝘴𝘦𝘯𝘴𝘪𝘯𝘨), cioè quei segnali cellulari che permettono di percepire e interpretare la disponibilità di energia e aminoacidi e regolare il metabolismo e la sopravvivenza cellulare. Hai mai sentito parlare di 𝗱𝗶𝗲𝘁𝗮 𝗺𝗶𝗺𝗮-𝗱𝗶𝗴𝗶𝘂𝗻𝗼? Il Prof. Valter Longo studia da tempo nei topi come il digiuno nelle sue molteplici forme possa influenzare la durata della vita. L’ampia evidenza scientifica accumulata finora, almeno in modelli animali, dimostra che la restrizione calorica e un apporto medio-basso di proteine agiscono tramite il 𝘯𝘶𝘵𝘳𝘪𝘦𝘯𝘵-𝘴𝘦𝘯𝘴𝘪𝘯𝘨 promuovendo la longevità. E’ incoraggiante che l’alterazione del 𝘯𝘶𝘵𝘳𝘪𝘦𝘯𝘵-𝘴𝘦𝘯𝘴𝘪𝘯𝘨 sarebbe anche in grado di promuovere la rigenerazione di cellule staminali ematopoietiche, cioè quelle cellule da cui derivano globuli rossi e cellule immunitarie, in qualche modo migliorando l’immunocompetenza. Occorre quindi sottolineare che il mantenimento di una buona salute immunitaria in età avanzata dipende da molteplici meccanismi che potrebbero essere sfruttati per orientare la nostra traiettoria di invecchiamento nella direzione più salutare possibile.


E’ in questo modo che agirebbero specifiche molecole, chiamate 𝘀𝗲𝗻𝗼𝗹𝗶𝘁𝗶𝗰𝗶, attualmente testate in studi clinici per comprendere i loro effetti ed i meccanismi tramite i quali sembrano in grado di promuovere la longevità. Queste molecole, la maggior parte delle quali è di origine naturale, agiscono selettivamente sulle cellule senescenti, quelle zombie di cui parlavamo prima, eliminandole oppure rallentando il processo di senescenza. La quercetina e la fisetina, due flavonoli contenuti ad esempio in cipolle e fragole, agiscono su alcuni sensori nutrizionali e proteggono la cellula dal danno ossidativo; TA-65, estratto dall’astragalo, rallenta l’accorciamento dei telomeri; la piperlongumina presente nel 𝘗𝘪𝘱𝘦𝘳 𝘭𝘰𝘯𝘨𝘶𝘮 sembra danneggiare selettivamente le difese antiossidanti delle cellule senescenti, promuovendone la morte.


Vuoi vivere di più ma hai qualche scrupolo ecologico sul comprare il pepe lungo dell’Himalaya e le fragole a Dicembre? Allora ti farà piacere sapere che uno studio americano ha concluso che modificare la dieta occidentale potrebbe non solo migliorare l’impatto ambientale, ma anche allungare la vita: sostituendo solo il 10% delle calorie introdotte da manzo e carne processata con frutta fresca, verdure, frutta secca, legumi e pesce selezionato si potrebbero guadagnare 𝟰𝟴 𝗺𝗶𝗻𝘂𝘁𝗶 𝗮𝗹 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝘀𝗮𝗹𝘂𝘁𝗲 e ridurre del 33% l’impronta carbonica alimentare.


Quindi avrai cominciato a chiederti: ❞𝕞𝕒 𝕔’𝕖̀ 𝕦𝕟𝕒 𝕕𝕚𝕖𝕥𝕒 𝕔𝕙𝕖 𝕡𝕣𝕠𝕞𝕖𝕥𝕥𝕖 𝕖𝕗𝕗𝕖𝕥𝕥𝕚 𝕒𝕟𝕥𝕚-𝕒𝕘𝕚𝕟𝕘❞❔ Secondo un gruppo di ricercatori inglesi la risposta è sì, e forse non ti stupirà sapere quale sia questa dieta. Una recentissima revisione della letteratura scientifica argomenta l’ipotesi che la dieta Mediterranea sia in grado di influenzare l’𝘢𝘨𝘪𝘯𝘨 agendo sui molteplici meccanismi coinvolti: tra questi, oltre all’epigenetica e al 𝘯𝘶𝘵𝘳𝘪𝘦𝘯𝘵-𝘴𝘦𝘯𝘴𝘪𝘯𝘨, anche l’accorciamento dei telomeri, l’instabilità genomica, la disfunzione mitocondriale, l’esaurimento delle staminali e la senescenza cellulare. Oltre ad aumentare la durata della salute riducendo il rischio di sviluppare malattie croniche associate all’invecchiamento, come malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, neurodegenerazione e cancro, l’alta aderenza alla dieta Mediterranea ha aumentato la longevità in due studi epidemiologici e ridotto la mortalità generale in una meta-analisi con oltre 1,5 milioni di partecipanti.


In conclusione, una dieta a stampo culturale Mediterraneo raccoglie molte delle caratteristiche utili per mantenere una buona salute a lungo, anche immunologica: in particolare, non eccedere con le calorie, consumare soprattutto vegetali freschi e di stagione, ricercare varietà e qualità degli alimenti e limitare i cibi processati e la carne rossa. E, quando saranno in stagione, fragole come se piovesse!


BIBLIO:

 
 
 

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